Quelli delle bancarelle sono in tanti. Non c’è città in Italia, forse al mondo, dove ci sia una alta concentrazione di venditori di souvenir all’ aperto come a Venezia. Facendo un po’ di conti, sommando le 200 e passa licenze di commercio su aree pubbliche e negozi e negozietti di souvenir che proliferano più delle bancarelle e che vendono le stesse cose (anche se di qualità migliore e con prezzi più che raddoppiati), ci si avvicina ad un rapporto cliente/venditore 1:1.
Una volta le bancarelle esistevano solo a S. Marco, a piazzale Roma, a Rialto e ai giardinetti Napoleonici, poi sono nate come i funghi dopo una pioggia autunnale. A dire il vero molte licenze di ambulante esistevano ma non venivano usate perché non si guadagnava molto. Poi, morti i vecchi gestori, sono state rilevate da giovani di belle speranze e agghindate a dovere, riempite di ogni cosa, ingozzate, sono diventare motivo di interesse economico.
L’ ambulante veneziano è abituato a vedere molta gente, a catalogarla, a riconoscere il cliente buono da quello che non compera che si assistono a scene che vedono l’ ambulante simpatico con gli spendaccioni e odioso con i cattivi clienti. Come vedete non ci sono differenze tra il commerciante veneziano e qualsiasi altro. L’ unica differenza è che siamo in tanti. Ma non troppi.
NB: questo pezzo è stato scritto agli inizi del 2000. Come si sa c’é stata la crisi e gli ambulanti l’hanno pagata eccome. Non è più il pozzo di San Patrizio. La concorrenza si è fatta più spietata e molti veneziani hanno lasciato il lavoro per affittarlo ai cingalesi. Da anni ormai anche i negozi fanno la concorrenza alle bancarelle offrendo ai poveri turisti merce sempre più scadente.
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