La prima cosa che mi sono domandato, vedendo un manifesto che diceva della sparizione di un gatto, è stato: ma dove sono finiti i gatti? Quei bei gattoni, che chiamano bastardi chissà perché , che gironzolano da soli quando non mangiano, ma che si riuniscono assieme quando la gattara dà loro da mangiare; quei gatti che se ne stanno con gli occhi socchiusi uguali uguali alle ragazze quando cercano di attirare noi maschietti, assonnati ma sempre vigili.
Sono andato in piazza S. Marco ed ho visto Achille, il gatto del bar Lavena che se ne sta tutto il giorno a guardia del suo bar noncurante dei polacchi, americani e coreani; ho visto anche Leone, che è il grosso gatto del bar Americano. Era nella calle li vicino a miagolare aspettando le 9,40 per accucciarsi vicino ad Achille. Le 9,40? I gatti hanno i loro orari, sono metodici. Altro gatto famoso era quello che il doge Francesco Morosini si portava dappertutto, anche in guerra, Nini, il gatto di un caffè ottocentesco ai Frari che ebbe l’onore di una scultura commemorativa alla sua morte e il povero soriano del custode del campanile di S. Marco che fu l’unica vittima del crollo del campanile nel 1902.
Da molti secoli i veneziani rispettano i gatti come ringraziamento per gli indispensabili servizi resi. Al tempo della Serenissima, nei lunghi viaggi verso l’Oriente, venivano usati i gatti veneziani come difesa ai ratti. La loro bravura era tale che si decise di imbarcarli come “ciurma” a gruppi di tre o quattro con tanto di addetto incaricato alla loro cura. Erano talmente importanti da diventare un portafortuna. Purtroppo assieme alle merci dall’Oriente arrivò anche il famigerato topo nero, il topo della peste, e i gatti veneziani non erano sufficientemente feroci per combatterlo che si decise, di correre ai ripari e importare dalla Palestina e in Siria una razza molto combattiva (i soriani) per incrociarla con la “razza veneziana” ma ormai era troppo tardi che la peste decimò un terzo della popolazione veneziana.
Con la fine della Repubblica i gatti non ebbero più quella lungimirante e preziosa protezione governativa che alla metà del secolo scorso i gatti randagi erano ridotti veramente male. Ma nel 1964 venne a Venezia una signora inglese, Helena Sanders (1911-1997) che decise di portare loro soccorso lanciando una campagna di aiuti internazionali. In seguito a questa mobilitazione, nel 1985, fu fondata Dingo, un’associazione per la protezione degli animali randagi e abbandonati. Loro si impegnano ad organizzarel’assistenza ai gatti domandando una quota associativa che servirà per comperare cibo e mantenerli sani con le eventuali cure veterinarie.
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Associazione Dingo- CP45-30121 Venezia o scrivi a info@dingovenezia.it
Hanno gatti cuccioli e adulti in buona salute e domestici, disponibili tutto l’anno e visibili telefonando ai loro recapiti telefonici: 041 715219 Segreteria telefonica Dingo – 041 5265002 Gattile comunale.
E’ stato fatto un censimento, nella prima metà del decennio scorso, e sono stati contati a Venezia, Lido e litorale del Cavallino, 444 colonie di gatti per un totale di 4880 gatti. Un libro descrive minuziosamente tutti i dettagli. La zona dove maggiormente risiedono i nostri amici è il Lido con 137 gatti per km quadro. I dati del censimento naturalmente sono cambiati da quella volta. Se a qualcuno venisse in mente di aiutare il gatto randagio può sempre scrivere per qualsiasi delucidazione all’indirizzo soprascritto. E poi, il gatto, non assomiglia un po’ al leone della nostra Serenissima?
info
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Associazione Venessia.com
Numero 2850
Delibera iscrizione 92 del 27/05/2010
Finalità Soldarietà/Promozione Sociale/Cultura
PI: 94072520276
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Castello 2161, VENEZIA
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