Rimando ad un utente del sito da Mestre la spiegazione di Mestre. Di seguito…una cosa diversa.
Una leggenda racconta di Antenone, capo del popolo degli Eneti che, accortosi che a Troia le cose peggioravano di giorno in giorno, decise di fare il “gesto dell’ombrello” a sta Troia e scappare, lui con un bel po’ di gente su una barca, lontano da la’.
Siccome era previdente, si portò al seguito anche un coraggioso guerriero (ma visto che fuggì assieme a lui non so quanto coraggioso fosse). Ma non scelse uno qualunque, scelse Mesthle che era figlio del re di Paflagonia quindi per l’epoca un pezzo grosso che poteva sempre fare comodo per via delle varie amicizie e agganci che poteva avere. Come tutti sanno attualmente la Paflagonia non esiste più perché se questo era stato il coraggio del figlio chissà quello del padre e appunto questo regno è bello scomparso e sepolto.
Dopo un bel po’ di viaggio in condizioni simili alla linea 1 nell’ora di punta, vedono una terra accogliente, bella paludosa con zanzare grosse come elicotteri ma la cosa non li preoccupò in quanto non ci pensavano al paragone con gli elicotteri visto che non erano stati ancora inventati.
Così felici e contenti scesero dalla barca.
Impantanandosi.
Dopo una notte insonne ad ammazzare i mussatti, Antenone preferì spostarsi più verso il centro di questa terra che chiamò Eneto ma avendo un difetto di pronuncia, tutti capirono Veneto anche se si domandarono perché non la battezzò semplicemente Eneto ma visto che come oggi, contraddire il capo è decisamente controproducente, non dissero niente e continuarono a chiamarla Veneto ed Antenone non se ne accorse mai.
Mesthle invece, essendo figlio di re, dopo 100 mt di viaggio si stancò e decise di fermarsi stabilendosi lui e altri, in una località boscosa fronteggiante la laguna, la “Selva Fetontea”, dove fondò la città che chiamò Mestre.
Antenone proseguì per giorni e giorni e giorni. Appena si accorse che le zanzare non lo seguivano più si fermò e fondò una città che chiamò Padova. Perché la chiamò Padova non è una cosa che ci interessa perché stiamo parlando di Mestre, non di Padova e se dovessi iniziare a spiegare i nomi di tutte le città del Veneto non la finisco più. E questa mi pare un’ottima spiegazione.
Ci sono poi altre teorie perché, come accade per queste cose, tutti vogliono dire la loro. Dalla parrucchiera che dice di intendersene della fusione a freddo al meccanico che dice di saper sturare un lavandino e che ovviamente poi devi ricomprare.
Qui abbiamo Bartolomeo Barcella che attribuisce l’origine del nome a Mestri, condottiero romano che avrebbe (e faccio notare il verbo: avrebbe è diverso da ha, quindi manco lui ne era sicuro) fatto erigere una fortezza nei pressi di Altino (e faccio notare “nei pressi”. Se uno vuole tirare fuori una teoria, qui si vuole indirizzo e numero civico.. comodo dire “nei pressi”! Pure io ai miei debitori dirò che abito nei pressi di Venezia…), oppure potrebbe essere una corruzione di Austria, cioè “parte orientale della regione” … in poche parole ne ha buttate la un paio nella speranza di azzeccarci e finire nei libri di scuola.
Anche Jacopo Filiasi restò sul generico facendo risalire l’origine della città agli Etruschi.
Agnoletti riconosce invece in Mestre la radice mad, che allude ad un luogo paludoso. Effettivamente la somiglianza tra le due parole è spaventosa! Iniziano entrambe per “M”.
Ovviamente la teoria di Filiasi piacque e anche altri storici credettero che risalga all’epoca etrusca (chissà in mezzo al pantano della laguna quanti bei vasi etruschi ci saranno … altro che caparozzoli!) ma almeno è accertato che la città sia già insediamento paleoveneto circa tremila anni fa. Il nome deriverebbe da quello del centurione romano Mestrius (mancava all’appello infatti…mi stavo preoccupando!) che vi costruì un castrum (almeno qualcosa fece).
Sto castrum romano, diventato dapprima fortezza con il nome di “castelvecchio” (e quindi distrutto da Attila che passava di la per puro dispetto), viene infine ricostruito come Castello medioevale intorno al 1000 ovvero appena passo’ ai Veneti l’incazzatura. Venne costruito proprio un Castello medievale perché eravamo nell’anno 1000 e all’epoca la fantasia era poca. Fosse stato nel 2000 sarebbe stato un qualcosa di ipermoderno in plexiglass e si sarebbe completato nel 2500 quindi tutt’oggi non ci sarebbe nulla. Quindi non c’è da dispiacersi del fatto che lungo il perimetro (che misurava più di un chilometro), erano situate 11 torri, delle quali solo una è giunta fino a noi ovvero la Torre dell’Orologio. Anzi bisogna essere contenti che quella ci sia in quanto è un orologio che (adesso) funziona e segnala ai mestrini l’ora dello Spritz.
Se Attila non avesse distrutto la fortezza, a quest’ora non potremmo guardare verso la torre e dire “dai che te offro un spriss”.
Comunque la Comunità Mestrina, con a capo un Consiglio Civico, fa parte dei possedimenti dapprima di Treviso, poi di Venezia.
Intanto un bel po’ di gente che non aveva nulla da fare e nulla da ricostruire, si riunirono e decisero di far fiorire le Confraternite (di quella di Santa Maria dei Battuti ci rimane la Scuola).
Mestre poi viene occupata nel 1245 da Ezzelino da Romano e nel XIV secolo da Cangrande della Scala, prima di entrare a far parte dei territori della Serenissima (1500-1800)
Nel 1800 i Francesi e, poi, gli Austriaci iniziano la costruzione dei forti di Mestre. La decisione di costruire questi forti fu presa a seguito delle varie conquiste che rompevano le scatole alla tranquilla vita del Veneto.
Alla fine del secolo i forti Gazzera, Carpenedo, Tron, Tessera e Malcontenta costituiranno il campo trincerato di Mestre (poi ulteriormente ampliato), che, fra l’altro, contribuirà alla vittoria italiana nella prima guerra mondiale, fermando l’avanzata austriaca, che aveva già oltrepassato il basso Piave. E di questo l’Italia deve essercene grata.
Nel frattempo Mestre aveva contribuito all’unità d’Italia, insorgendo con Venezia nel 1848, sotto la guida di Daniele Manin e facendo da scenario alla Sortita di Forte Marghera.
La Sortita di Marghera è un episodio risorgimentale avvenuto a Mestre.
All’epoca “Marghera” era la zona di San Giuliano mentre all’epoca l’odierna Marghera si chiamava Bottenigo. Mi pare chiaro, no?
Mestre era insorta contro gli Austriaci il 22 marzo, subito dopo Venezia, e alcuni patrioti occuparono, fregandolo agli Austriaci, Forte Marghera che rappresentò un fondamentale punto difensivo per Venezia e per la Repubblica, in difesa della quale giunsero patrioti da ogni parte d’Italia.
Ma il 18 giugno 1848 Mestre ricadde in mano austriaca mentre Forte Marghera resistette per circa 10 mesi.
La Sortita risale al 27 ottobre 1848. Guidate da Pepe, Ulloa e Radaelli, le truppe italiane uscirono da Forte Marghera e si scontrarono con gli Austriaci dapprima in località Barche, quindi presso Piazza Maggiore, e poi sul ponte della Campana.
Gli Austriaci furono messi in fuga, lungo il Terraglio dove trovarono molte difficoltà a tornare a casa in quanto attratti dalle numerose battone che già all’epoca sostavano in zona.
Forte Marghera venne abbandonato il 26 maggio 1849; il giorno successivo fu lasciato anche Forte San Giuliano tanto non servivano più ed erano luoghi umidi che facevano venire i reumatismi.
All’avvenuta unificazione dell’Italia, il Comune di Mestre potrà fregiarsi, oltre che del titolo ufficiale di città d’Italia, anche della medaglia d’oro proprio per questi avvenimenti.
Al principio del XX secolo Mestre si tira su le maniche e assume una propria fisionomia, con la costruzione di viale Garibaldi e via Piave, del ponte Marzenego e del Teatro Toniolo.
Dopo la nascita di Porto Marghera, Mestre subisce un rapido e disordinato sviluppo. Privata dell’autonomia comunale nel 1926, non l’ha più riacquistata (tranne una breve parentesi nel 1945, ad opera del Comitato di Liberazione), nonostante abbia ormai da tempo “rovesciato la situazione di città-periferia del centro storico”.
Mestre ha 3000 anni e 200.001 abitanti (ora ci abito pure io quindi ho aggiornato il dato)
Arianna
Mestre si sta trasformando e si fa sempre più bella. Come Marghera. Il Comune ha il suo più grande bacino elettorale in terraferma e fa di tutto per creare un’identità mestrina che non ha mai avuto eclissata dalla bellezza di una Venezia così vicina e così lontana.
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