Di veri veneziani ce ne sono di due tipi: quello che non si muove da Venezia e che ritiene il ponte della libertà solo un optional (anche se a dire il vero da quando esistono i vari “Panorama”, “Auchan”, “Carrefour”e la figlia che non trova a casa a Venezia, il ponte gli serve proprio), e quello che invece almeno una volta l’anno va a “perdere la vita” concedendosi un sano viaggio.
Dopo il periodo della seconda guerra mondiale nell’Italia settentrionale cominciarono le prime gite fuori porta. Fuori porta a Venezia vuol dire Zelarino, vuol dire Bassano del Grappa. Se un amico aveva l’automobile doveva per forza essere uno della terraferma, un parente di un tuo amico che ti portava a mangiare le galline lesse, i salumi della sua terra e a bere soprattutto tanto vino. Il veneziano cominciò a conoscere anche i colli Euganei, Valdobbiadene, il Cansiglio, il Montello, Alanofener e la birreria a Pedavena. Qualche temerario si spinse pure dalle parti di Trento, forse Bolzano.
Anni ’70: i papà più audaci si comperavano la loro prima automobile e allora al veneziano gli si spalancò veramente il mondo. Il mondo, in quei anni, era Nevegal, Asiago, località mitiche quali Cortina, Passo Pordoi, Passo tre croci (il passo S. Pellegrino venne scoperto in seguito vista la sua pendenza troppo ardua per le Fiat 500). Anni ’80. E qui, un po’ in ritardo con il resto del mondo, si comincia ad andare all’ estero. La paura di rimanere troppe ore in aereo è una scusa per non fare voli oltreoceano e allora tutti vanno alle isole Canarie. In via Garibaldi, in “terà”, si sentono letteralmente gridare parole tipo “Tenerif” (Tenerife), il nome di qualche albergo dal nome spagnoleggiante e soprattutto si vocifera su elettronica letteralmente regalata. Tempi buoni anche per la Yugoslavia (Yugo) dove, tra un Casinò all’altro, il veneziano si rimpinza di crostacei e “cevapcici” parlando il dialetto come se tutti lo capissero e pagando in lire con la stessa spavalderia che hanno gli americani quando il dollaro vale oltre i 2000.
Anni ’90, anni 2000: il caos totale. In Mar Rosso gli egiziani non ti parlano né in arabo né in inglese ma spudoratamente veneziano (di alto livello qualitativo con le lievi differenze di pronuncia tra il veneziano di Castello e il veneziano di campo Marte). In Tailandia incontri il lattaio che avevi maledetto appena due giorni prima perché il suo prosciutto era troppo caro rispetto a quello del supermercato. Mauritius, Africa, Australia, Papua Nuova Guinea: il mondo è troppo piccolo per noi veneziani. Una precisazione finale: il veneziano che intraprende questi viaggi favolosi ed estremi deve appartenere unicamente al ceto medio basso. Solamente quel veneziano lì fa un anno di sacrificio per portare la sua famiglia a vedere posti esotici. E costosi. E i veneziani ricchi dove vanno?
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