Il caldo è opprimente e i turisti troppi. A qualsiasi ora (non c’è pausa pranzo). La tratta è quella Venezia Lido/Punta Sabbioni e vic. I foresti spendono poco alloggiando in campeggio rispetto l’alloggio a Venezia e in più si fanno un po’ di bagni: questo è il successo di quella zona. Ci si imbarca al pontile dell’Actv del ponte della paglia a S. Marco, lo stesso che imbarca i veneziani con casa al Lido. Un aiuto però è dato dalla nostra amata/odiata azienda che divide l’imbarcadero a metà (vedi foto): metà vanno a Punta Sabbioni e metà al Lido anche se poi si sale sulla stessa motonave e i “foresti” che non lo sanno fanno la fila da quella parte mentre i veneziani occupano la zona meno affollata.
Si vede la motonave e tutti i foresti cominciano a spingersi per essere i primi a salire. Molti veneziani si appostano quatti quatti all’uscita per fregare tutti, sigaretta in bocca e sguardo socchiuso da persona del posto.
La motonave attracca e lascia scendere la gente. Tocca a noi. Un odioso e sospettoso segnale di imminente battaglia è lo sganciamento delle catenelle che fermano i soldati. Le catenelle sono due e devono essere sganciate allo stesso momento dal dipendente dell’azienda. Ma questo no si può fare che si preferisce per ovvi motivi lo sgancio della catenella dei locali un decimo di secondo prima di quello dei foresti. Il dado è tratto e lo spirito è uguale ad arrivare primi alla scialuppa di salvataggio in una nave in imminente pericolo di affondamento. La meta è quella di appropriarsi del posto nella parte superiore della motonave con vista in laguna e aria fresca in viso. Una volta seduti il proprio posto è inviolabile (se non una improvvisa burrasca).
Una volta partita la motonave e ribadito il posto cominciano le danze. I foresti, soprattutto quelli che provengono dall’est Europa, cominciano a vagare da poppa a prua come per non perdersi qualcosa di troppo interessante. Ed è così per tutta la durata del viaggio. Alti invece se ne stanno inermi come vegetali al riparo dal vento ad osservare il nulla come avessero fatto due o tre gare di triathlon (quello lungo da 230 km di bici ciascuno). Ma questo è il loro carattere dovuto alla “tarpatura delle ali” del regime comunista appena subito.
La gita dura 40 o 45 minuti e tutti i “foresti” si toccano, si urtano, parlano, corrono, girano continuamente nervosi le orbite degli occhi come quelle palle del detersivo dentro la lavatrice (ma senza fare rumore dentro la sclera che non è notoriamente d’acciaio). Ma l’unica cosa che non fanno è gridare troppo forte. E questo rende tutti molto nervosi. Sembra che qualcosa stia per accadere. E’ come quando in uno spettacolo pirotecnico dopo i fuochi bassi e poco rumorosi si aspettano che facciano i botti più forti di sorpresa.
Ma eccoci arrivati alla fermata di Punta Sabbioni. Tutti i “foresti” sono fregati dai locali che sanno da che parte si scende dalla motonave (a dritta o a sinistra secondo se il mezzo prosegua per Burano o che se ne torni indietro a Venezia). Siamo arrivati e tutti spingono per scendere e scrollarsi da dosso la puzza altrui. Tutti scendono meno che qualcuno che si gode ancora quella strana sensazione di essere soli nella motonave (come quando si ferma la giostra di Gardaland). Il marinaio allora sbuffa con il classico sguardo al cielo e riannuncia il capolinea. E loro, piano piano, scendono le scale come una sfilata alla Trinità dei Monti. La bocca sembra tagliata con un taglierino e il viso paonazzo. Ma al primo passo fuori dalla motonave i nostri rischiano di essere risucchiati al primo piano dal vortice dei nuovi passeggeri. Infatti dall’altra parte si assistevano alle stesse scene di S. Marco. All’arrembaggio!
NB: l’imbarcadero della motonave per il Lido e Punta Sabbioni è stato spostato da vicino al ponte della Paglia a di fronte la chiesa della Pietà ma la “solfa” non cambia. L’articolo è stato scritto nei primi anni del 2000. Adesso preferiscono usare i “vaporetti foranei”(sono dei vaporetti più grandi del normale) che hanno sostituito quasi del tutto le vecchie motonavi.
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