Sono diversi i veneziani dalle altre persone di questa terra? Analizziamo simpaticamente i vari tipi di signori e signore veneziane che popolano la laguna. Magari facendo le Faq che sono tanto di moda.
I nuovi ricchi si: ma le loro mogli?
Il marito ha la barca a vela a S. Giorgio o al diporto velico a S. Elena. Età media 55 anni. Non fanno niente se non parlare e parlare e parlare. Abbronzatissime tutto l’anno, parlano dialetto inframmezzato da qualche parolina in italiano con la zeta sibilante (a loro cazzzo viene benissimo). Abbronzate e bionde soprattutto, quasi bianche, con dei bracialettoni e collanone etniche. Vestite in lino bianco molto ampio (che nasconde le “grespe”) con le Timberland o Prada. Loro hanno, purtroppo, nomi normali, retaggio di un infanzia normale (più sul povero che sul ricco) ma adesso che il marito è benestante e ha la barca a vela si scatenano non con le figlie ma sui nipoti: Alvise, Carlotta, Azzurra, Luna, Gaia…Le signore hanno la pelle bianca e polpacci poco evidenziati, simbolo di agio. In barca a vela? Ci vanno ad ogni occasione solo se ormeggiata in porto. Viaggi? Una settimana in Croazia all’anno.
E i pensionati?
Di pensionati ce ne sono di varie categorie. Il pensionato giovane (quello che è andato col prepensionamento del porto a 50 anni- un bambino-) è iper attivo e lavora ancora di più di come lavorava prima ma con la soddisfazione di mollare a piacimento: restaura i magazzini degli amici, fa trasporti, aiuta in qualche bar o in qualche bancarella. Altri si buttano sullo sport. Calcio: 7 partite 7 alla settimana viste col 16:9 su Tele+ con pause al bar parlando di calcio. Pesca: 18 canne 18 appaiate su “patanee” (barche piccolissime) dal pescaggio minimo di 3 cm. (i veneziani conoscono solo il microcosmo della propria laguna che andar per mare ha lo stesso significato degli indigeni quando evitano la cima della montagna sacra). Altro tipo di pensionato: il meno giovane. T-shirt bianca attilatissima, jeans, scarpe da ginnastica stile Superga (non originali perché adesso alla Superga si sono montati la testa e le scarpe costano troppo), capello cortissimo color cenere naturale e catenone d’oro stile Tronchetto. Sempre seri che sembra abbiano appena finito di lavorare; a qualsiasi ora del giorno. Se li guardi dal di dietro sembrano magri ma, appena si girano, mostrano il frutto dei loro pomeriggi passati al bar stando in silenzio con gli amici anche loro silenziosi.
E i pensionati classici, i nonni?
I pensionati vecchi vecchi li vedi solo in vaporetto con la faccia tipo Papa di Roma che, poverini, vogliono stare in piedi perché fanno molta fatica a sedersi per poi alzarsi alla propria fermata. Provocano dello stress ai giovani che si sentono in obbligo di lasciare loro il posto a sedere e vedono che il vecchio non lo fa. Al massimo i pensionati classici, vagano a gruppi di tre/quattro con le mani dietro la schiena sorridendo o mugugnando, guardando la riva dei canali (se ci sono schie?) o guardando la chiesa di S. Marco commentando come non l’avessero mai vista.
Le signore che vanno al mercato: come sono?
Mercato vuol dire “Saccafisola” o “Lido” o “Marghera”. Partenza con i carrelli della spesa. Polpaccioni in vista perennemente pallidi e con i punti dei peli grossi come voragini. Vestaglie fresche fresche con peli neri che fuoriescono dalle ascelle come alghe tropicali. Al mercato fanno tutto loro. Al ritorno in vaporetto una tragedia. 30 donnone con carrellini sferraglianti e borsette bianche di plastica attorno: tutte e 30 poste all’uscita dell’imbarcadero. Dentro, tutte in piedi tenendo occupati i posti a sedere dalle borsette e con i carrelli fuori soli parcheggiati come i borsoni dei “vù comprà”. Tutte le donne hanno lo sguardo di sfida: provate a commentare il loro operato.
E quelle che vanno al Panorama?
Malefiche e dannate. Ti puoi pur mettere primo di tutti (anche tre ore prima aspettando il bus della Metro) che al momento di salire ti trovi magicamente ultimo. Sono meglio dei borseggiatori per come non ti accorgi come fanno. Pensi di salire per primo e ti ritrovi la signora che avevi 3 metri dietro già seduta con tutta la famiglia tranquilla in bus quasi fossero i cloni. E a te tocca aspettare il bus seguente perché non hai trovato posto a sedere (come si sa il bus parte solo se tutti sono seduti). Stesso discorso quando devi scendere dal bus. L’ultima curva prima di arrivare al parcheggio è il segnale dell’alzata in piedi delle signore che riescono quindi a scendere per prime. E quando scendono sembrano dei bradipi con poca voglia di fare con la loro nuca che sembra che ti controlli che non fai l’impaziente.
I veneziani vanno in spiaggia?
I veneziani vanno al Lido, ma sempre di corsa per paura di perdere il mezzo, ma di mezzi ce ne sono moltissimi e a tutte le ore. Preferiscono andarci in motonave e travolgono tutto e tutti solo alla sua vista. E con tattica militaresca degna di Attila: avanzamento a cuneo e terra bruciata dietro pestando i militari miniaturizzati dei cinesi abusivi sul ponte, se provengono dalla piazza, e a canna di fucile se vengono dalla calle degli albanesi. Le carrozzine dei bimbi, allora, vengono per prime con i bambini piangenti che sembrano i cagnolini dietro le auto di una volta (testa dondolante). Il tutto viene sparato direttamente nell’imbarcadero: mamme e figli. I genitori maschi lavorano. Le bestemmie sono d’obbligo, consigliando orologi nuovi ai lavoratori dell’azienda, perché tutte si mettono a correre quando la motonave sta per partire.
E in montagna?
Quelli al ritorno della settimana bianca o dei weekend sono i più pittoreschi. All’imbarcadero di piazzale Roma li trovi così. Sci e scarponi si trovano nei loro inutili contenitori usati una volta l’anno. Le famiglie sono 2 o 3 assieme e tutti con l’aria di aver scalato tutti gli 8000 ma senza pensarci molto (almeno i maschi). I bambini schizzano nervosi e pieni d’adrenalina da tutte le parti. Sono vestiti da montanari che sembrano più nazionalisti (tedeschi) di Himmler: loden estremi lunghi come un vestito da sposa con lo strascico, scarponi in cuoio grasso senza ramponi e cappellaccio in feltro con cespuglione di pelo di Yeti. Se non sono vestiti così indossano tute da sciatori dagli 800 € in su. Tute pulitissime e con lo skipass in vista. Neri come Calimero, il pulcino nero. Sci da gara cambiati ogni anno perché sfibrati da 5 giorni passati nelle dolomiti: lunghezza 2 m 32 cm e 22 mm per lo slalom gigante e 2 m 31 cm e 18 mm per l’allenamento. Ultimamente vengono usati i carving tipo Pavesini. Sciancratura sembra il vocabolo più usato dai sciatori nostrani assieme all’espressione “Sta settimana no gò scià ben perché gò 72 ciodi nei senoci”. Molti veneziani si mettono il tutore al ginocchio sopra la tuta per mascherare l’inesperienza.
Le “quarantenni/cinquantenni veneziane”.
Non devono avere necessariamente 40 anni ma un’ età non proprio da mela verde. Sono sposate o separate o conviventi o divorziate. In pratica devono aver consumato tutto l’amore con il marito nei primi anni e accorgersi che non sono proprio da buttare via come quando la loro madre aveva la stessa età.
Vestite esattamente come le vere ricche con la differenza di farlo dopo che la vera moda sia passata tra le ricche, le quarantenni comperano gli indumenti nei vari mercati o nel piccolo negozio dell’amica fidata (anche lei vestita all’eccesso come loro). E proprio l’eccesso, la spregiudicatezza e la voglia di stupire a tutti i costi sono la loro arma preferita. Il loro comportamento è proprio quello di una donna che “non deve chiedere mai” e che ha solo il diritto di essere corteggiata.
Ignoranti e assolutamente prive di istruzione se non quella del pettegolezzo, le quarantenni non sono mai a casa ma sempre all’aperto raggruppate in branchi da un minimo di due ad un massimo di 4 (di più non si può pena baruffe) a parlare sottovoce, ma non troppo, di corna, di profumi, di donne famose e invecchiate malamente (almeno a detta loro), di gioielli e di maschi. I maschi in questione devono avere la loro età e soprattutto essere veri maschi (nel senso che hanno il coraggio di corteggiarle…quelli a cui va bene tutto, per intenderci).
Le quarantenni sono truccate all’inverosimile e profumatissime. Impossibile vederle stendere i panni perché lo fa il povero marito, impossibile vederle buttare fuori l’immondizia per non farsi vedere non a posto. Ma se le vedi manco t’accorgi che sono loro nel senso che non le riconosci e pensi che abbiano preso qualche serva slava a lavorare per loro. Non fanno mai da mangiare e si cibano solo con cibi cucinati dalle loro madri.
Ma come fanno le quarantenni a mantenersi? Evidentemente non basta tutta la paga del povero marito a comperarsi uno o due vestiti diversi ogni settimana che gli tocca fare dei lavori che non le tengano impegnate se non poche ore al giorno. Il massimo sarebbe lavorare nelle primissime ore dell’alba per poi avere l’intera giornata a disposizione per apparire come donne senza bisogno di andare a lavorare. Lavorare? Qualche ora…così. Quindi: pulizie alle banche, agli uffici, a pulire cessi nascoste in posti dove i veneziani non esistono.
E in ferie, vanno in ferie le quarantenni? Non più da quando spendono troppo per vestirsi. Alla domenica si trovano a sparlare nelle loro case o in discoteca a sparlare pure là.
Mens malata in corpore insano. Ginnastica? Un mese è anche troppo. Libri? Leggeri (ma c’é la moda di dire di interessarsi alla cultura comperandosi le riviste di Quark o della Macchina del tempo o Focus…cultura, scienze…bah!). Dieta? Si, ma solo se ci vanno tutte quante le quarantenni loro amiche. Un affare per i vari dietologi allo sbaraglio: presa una, prese tutte. E’ tutto vero quello che ho scritto? Probabilmente qualcuno di voi riconoscerà qualche amica che è esattamente un tipo come quello descritto ma non tutte le quarantenni sono così, è logico. Lasciamo che il tempo faccia il suo corso e aspettiamo che anche loro si accorgano che ci sono ben più alti valori che non quelli dell’apparire in quel modo.
* le “quarantenni veneziane” sono dei personaggi che esistono realmente ma che non hanno nulla a vedere ovviamente con tutte le altre che non sono come loro. Mi scuso per l’eventuale malinteso (ma se o gaveva capìo).
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